Il fabbricato fa parte di un gruppo di abitazioni sviluppate lungo la proprietà di Villa Barbaro ed appartenute probabilmente a famiglie legate alla vita lavorativa della villa stessa. 

La tipologia di queste case in origine era vincolata dalle funzioni delle stesse; si tratta quindi  di architetture vernacolari.

La proprietà dove siamo andati ad operare è una costruzione che nega ogni rapporto con tutto questo  e identifica un momento di caos costruttivo.

Con il nostro progetto vogliamo ricondurre a degli schemi che siano in linea con il paesaggio originale e le sue architetture: le facciate vengono composte usando schemi compositivi che nascono da analisi sulle architetture di Palladio mentre le piante rispettano, per vincoli urbanistici, la sagoma esistente.

Il lavoro compositivo dell’intero edificio, composto da due corpi, si basa quasi esclusivamente sullo studio delle facciate:

• La facciata principale si basa sulla suddivisione tra pieni e vuoti (Palazzo Chiericati di Vicenza) per ottenere la profondità del pronao che conferisce importanza alla facciata e rende più confortevole l’ingresso (alla maniera degli antichi).
• Nelle altre facciate lo schema è il medesimo, utilizzando letture come quelle del pittore Santomaso con le sue opere (Lettere a Palladio) nelle quali si può vedere una straordinaria schematizzazione delle superfici palladiane.

Solo il prospetto a ovest riporta un frammento di facciata vernacolare a ricordare una possibile funzione ormai perduta.

I volumi sono quindi forme semplici legate alla tradizione. 

L’uso del tetto piano, quasi a ricordare un belvedere, è reso necessario per un problema energetico: è infatti l’unico modo di installare i pannelli fotovoltaici riuscendo a nasconderli nell’incavo del tetto piano.